Fecondazione assistita: 5 miti da sfatare
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- 12 Dicembre, 2017
Per una coppia che desidera un figlio e che ha più volte tentato naturalmente il concepimento, ma senza avere successo, la via della fecondazione assistita è un percorso ricco di aspettative e dubbi.
Un universo spesso costellato da dicerie e false verità che possono confondere le idee e agitare ancora di più una coppia fragile e alla ricerca di informazioni certe. Facciamo, quindi, un po’ di chiarezza: ecco i 5 miti da sfatare sul mondo della fecondazione assistita.
Alla fecondazione assistita si può ricorrere solo dopo un anno di tentativi naturali
La fantomatica soglia dei 12 mesi, così popolare, viene vissuta dalle coppie ansiose di avere un figlio come un terribile conto alla rovescia: un’attesa piena di ansia e di stress che di certo non favorisce il concepimento naturale.
Attendere un anno prima di iniziare un percorso di esami specialistici in vista di un trattamento di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita), tuttavia, non è necessario e, anzi, potrebbe essere sconsigliato alle coppie in età avanzata.
Superati i 35 anni, infatti, è meglio rivolgersi ad un medico specialista entro i 6 mesi di tentativi a vuoto, per non rischiare di perdere altro tempo, compromettendo la fertilità e mettendo a rischio la tranquillità psicologica del singolo e della coppia.
La fecondazione assistita interferisce con la menopausa
Un trattamento di fecondazione assistita ha inizio con una stimolazione ovarica: un processo attraverso cui si cerca di ottenere una crescita follicolare multipla.
Il timore delle donne che si sottopongono a PMA, quindi, è che con il ripetersi di tentativi di fecondazione assistita i follicoli possano velocemente consumarsi e la riserva ovarica possa esaurirsi, accelerando l’arrivo della menopausa.
Un dubbio lecito, ma smentito da alcuni studi in materia. Secondo alcune ricerche, infatti, le donne che si sottopongono a PMA giungono alla menopausa nella stessa età media della popolazione femminile.
La stimolazione ovarica, dunque, non compromette in alcun modo il potenziale riproduttivo della donna, né acutizza i sintomi fisiologici del climaterio.
Dopo il trasferimento embrionale bisogna rimanere a letto
Dopo un ciclo di PMA non c’è alcun bisogno di mettere la propria vita in pausa, rimanendo a letto per favorire l’impianto.
Secondo alcuni studi, infatti, rimanere sdraiati per le 48 ore successive alla fecondazione assistita non solo sarebbe inutile – considerato che l’embrione non si impianta immediatamente dopo il transfer, ma per alcuni giorni si muove all’interno dell’utero e tra le tube – ma potrebbe addirittura comprometterne il buon esito. Il riposo, infatti, potrebbe ridurre la normale frequenza cardiaca e limitare il flusso sanguigno agli organi.
La cavità uterina, del resto, non è una cavità vuota e a rischio di “caduta” per l’embrione: il semplice movimento non solo non interferisce con l’impianto ma, al contrario, può favorire una posizione più accogliente dell’utero, flettendolo naturalmente.
La scelta più indicata? Come sempre quella del buonsenso: dopo un trattamento di PMA continuate a svolgere la vostra vita in modo regolare, evitando eccessi e sforzi.
I bambini concepiti attraverso la fecondazione assistita sono più fragili
I genitori che hanno provato ripetute delusioni date dall’impossibilità di concepire naturalmente, possono vivere con ansia la scoperta di una gravidanza in corso, ottenuta con la PMA.
Dopo tante ricerche, la paura è grande e la sensazione che il bambino concepito in maniera assistita sia più fragile della media è molto diffusa.
Niente di più falso: non esistono certezze in grado di confermare che la PMA aumenti l’incidenza di parti prematuri e di basso peso alla nascita.
Al contrario, la PMA può essere un alleato nella prevenzione delle patologie infantili grazie alla possibilità, offerta da alcune tecniche di fecondazione in vitro, di analizzare geneticamente gli embrioni prima dell’impianto, per selezionare quelli più in salute e privi di difetti evidenti.
I trattamenti di fecondazione assistita aumentano le possibilità di gravidanze gemellari
Questo falso mito è stato sfatato ormai da anni, grazie al progresso delle tecniche scientifiche di procreazione medicalmente assistita.
Ottimizzando i processi di stimolazione ovarica, di coltura in laboratorio e di transfer, oggi solo gli embrioni con le maggiori possibilità di impianto vengono inseriti nell’utero materno.
Selezionando le migliori blastocisti, quindi, è possibile trasferire nel ventre femminile un embrione alla volta, scegliendo solo quelli di migliore qualità e riducendo il rischio di gravidanze multiple. Un evento, quello della gestazione gemellare, che per le pazienti che ricorrono a PMA (potenzialmente più adulte e più fragili) potrebbe comportare un rischio per il buon successo del processo.
Fragilità dell’embrione, riposo assoluto e menopausa anticipata sono solo alcuni dei più comuni falsi miti sulla fecondazione assistita.
Se stai valutando di intraprendere un percorso di fecondazione assistita e sei alla ricerca di informazioni certe e chiare, non esitare a contattare il nostro centro, chiedendo il supporto dei nostri team di specialisti. Per un approccio consapevole, contattaci allo 06 659 756 14/43 oppure compila il modulo della pagina Contatti e ti contatteremo nel più breve tempo possibile.